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Rieti e la Valle Santa: basta questa espressione di uso comune per dire che il quadrilatero francescano è la vera cifra spirituale e culturale di questo piccolo, ma prezioso, angolo di mondo. L’ambiente che Francesco scelse di abitare per lungo tempo è pressoché immutato, e ancora oggi fa tutt’uno con il suo pensiero. Occorre dunque affinare lo sguardo sullo scrigno entro cui siamo collocati e lavorare perché sia accessibile e visitabile.
La missione è scritta nel luogo, nelle pietre e nei monti, nella terra che reca le tracce di san Francesco. E questa radice di spirito, natura e storia non è importante solo per la gente di qui: è importante per tutti. Va dunque vissuta e testimoniata.
Abbiamo bisogno dello sguardo radicato in questa cultura. In un mondo in cui la tecnocrazia diventa sempre più potente, le città sempre più uguali, le relazioni sempre più contrattuali, c’è bisogno della prospettiva unica che si apre da questi luoghi. La loro linfa può essere di nutrimento per tanti. Bisogna dunque radicarsi in questo genius loci, continuare a raccontare questa unicità, a cui tutti si possono abbeverare.
Per san Francesco c’è un tributo universale, un innamoramento collettivo, salvo starsene a debita distanza e depotenziarne il fuoco che lo divora. Ma la genialità del Poverello sta nel suo diffondere la fede, cioè nel risuscitare ciò che sembra morto e inanimato.
Questo è il tempo che ci attende: ritrovare Francesco, quello originale, che è vissuto proprio in queste terre, per riassaporarne la fragranza e la freschezza, al di là delle ricorrenti mitizzazioni e demitizzazioni. La sua umanità è la prova di come il Vangelo fa rifiorire l’umano. E conferma – come il santo ha spiegato nel presepe di Greccio – che davvero «il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi».
Mons. Domenico Pompili – Vescovo di Rieti
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